ALTRI PAESAGGI
Jeep e cartacce come ferite aperte, e tronchi come moncherini; rami gettati nella scarpata senza neanche il rito del calore che salva. Anche qui si grida.
Dalla valle arriva il suono delle campane. Un formicaio trilla sotto un gruppo di abeti.
La liturgia è qua.
Ciliegio orto alloro un acero un noce le cime i campi la terra le case le voci le voci zitte le foglie radici il nodo un tronco la scuola il cortile la festa la luce sentire camminare restare la legna margherite la luce il sole la luce. Sono un daino, ma non si vede.
Iole Toini (Spaccasangue, Le Voci della Luna, 2009)
Pier Bellini, che non ama essere chiamato Pietro, è un amico. L’ho conosciuto anni fa in quanto pittore e la nostra amicizia si è strutturata nel tempo in quanto tale – cioè a partire dalle immagini delle sue opere che sempre, o quasi, mi invia quando mi scrive. L’aderenza della sua persona alla sua pratica ne definisce la sua qualità in quanto pittore e determina anche le scelte dei soggetti che preferisce rappresentare. Ci sono anche soggetti urbani certo, ma quelli sui quali il mio sguardo si sofferma per scelta sono quelli lacustri o montani, ma anche le pianure in effetti.
Pier Bellini dipinge presso la natura, sul motivo e con il motivo – partendo da luoghi naturali ma abitati, da cui si stagliano i paesaggi. Il cavalletto del pittore è posto davanti al motivo, perché nel motivo si ritrova la breccia dello sguardo in quanto arte del sensibile. I movimenti rappresentati sono impercettibili – come dei vibrati – ed è come se si trattasse di uno sguardo fuggitivo, della durata di un battito di ciglia. Il travaglio dell’esercizio d’osservazione si sublima nell’esecuzione.
Ritroviamo alcune serie, che si seguono e si succedono, in cui il motivo sembra essere sempre lo stesso ma che in realtà obbedisce al movimento incessante e laborioso del fare e disfare.
I luoghi osservati e rappresentati sono quelli che il pittore bergamasco abita fin dall’infanzia, che frequenta, che attraversa – che lo attraversano. I paesaggi di Pietro Bellini raccontano di luoghi, ma anche di atmosfere. Esse emergono dalla tenuta materica del colore, che sceglie di essere limpida senza essere levigata. I verdi e gli azzurri si contendono il podio delle presenze, insieme alle sfumature di viola che definiscono le ombre e gli scuri. La luce domina, in una scelta secondo cui anche nella penombra la visione chiara resiste e tiene una fiamma dai colori freddi.
Ci sono boschi. E insieme si ritrovano le montagne del circondario: la Corna dei Trenta passi e l’Adamello, che pur nelle altezze non pretendono inchini. Il lago d’Iseo è onnipresente, senza dominare come l’acqua sa fare.
Gli effetti della luce sull’acqua sono il filo conduttore che ci porta alla scoperta dei paesaggi di Pier Bellini, il cui sguardo non è spontaneo ma debitore da una parte dell’osservare prolungato, dall’altra delle visioni e dei filtri che la conoscenza della storia dell’arte può insegnare.
Francesca Maffioli
aprile 2023